giovedì 15 maggio 2014

CONOSCERSI MEGLIO NEL SILENZIO


Sono tornata da poco da un piccolo viaggio nelle campagne della Basilicata. È stato un breve viaggio rigenerativo sia fisicamente che mentalmente: buonissima cucina piena di sapori veri e originali (come non ne sentivo da tempo), niente auto per un po’ ma il sano utilizzo dei miei piedi nei bellissimi vicoli e scalinate panoramiche, occhi che in ogni punto del paesino potevano perdersi nel verde in tutte le sue tonalità e, soprattutto, il silenzio. 
  
Avevo dimenticato l’intensità che può avere quella quiete ed anche i pensieri che vi sono collegati: molto più profondi e sentiti. È un po’ l’effetto del galleggiare: nelle acque calme si torna in superficie più facilmente! Può sembrare che il silenzio rappresenti il vuoto, ma invece io ritengo che sia il tutto in armonia.

Nel nostro quotidiano nella metropoli non ci ricordiamo più i veri suoni della natura, così, come incessante è ciò che sentiamo, inarrestabile va il nostro elaborare pensieri disordinati.
Dunque oggi vi parlo del silenzio come arma per arrivare ad aumentare la capacità di ascolto di noi stessi.

Il primo vantaggio nel ricercare la quiete è che dobbiamo allontanarci obbligatoriamente dalla città (sempre che non abbiamo a disposizione una stanza insonorizzata, ma ci si perderebbe il lato interessante della ricerca!), e dirigerci verso luoghi incontaminati. Logico che la natura non è veramente muta, ma i rumori non artificiali che ci regala aiutano a stabilire ancora meglio il senso di relax che cerchiamo. Non solo: la pienezza dei colori, dei profumi e i larghi panorami inviolati permettono di farci sentire in contatto con l’universo oltre che con noi stessi. 

Un grande della montagna, Walter Bonatti ha detto:

“Da quassù il mondo degli uomini altro non sembra che follia, grigiore racchiuso dentro se stesso. E pensare che lo si reputa vivo soltanto perché è caotico e rumoroso.”

Un’immagine chiara di come la modernità ci porta a non ricordare più il nostro contatto con il mondo e con noi stessi. Dobbiamo uscire dal caos per poter mettere ordine.

Il secondo vantaggio del silenzio è l’ascoltarci fisicamente: a volte ci dimentichiamo il rumore delle nostre ossa, del nostro muoverci, del respirare e persino il ritmo del nostro cuore. Nella meditazione spesso si parte da questo ascolto fisico per arrivare nello stadio di coscienza interiore giusto. Possiamo così comandare il nostro respiro e creare uno stato di rilassatezza maggiore, oltre a renderci conto dei comandi interni dimenticati e sepolti sotto lo stress quotidiano.   

Il punto più difficile ed essenziale: ascoltare i nostri pensieri. Molte persone non amano il silenzio perché non riescono a non farsi schiacciare dalle riflessioni che pian piano salgono in superficie nella mente.
Durante la vita in città c’è un continuo flusso di stimoli mentali: “devo fare”, “guarda qui” “corri di li” ecc…che ci tengono occupati fino a fine giornata e a volte anche nel sonno. 
Siamo troppo intasati, così capita che si intasino anche canali principali quali la comprensione di sé e del prossimo e l’istinto. Dunque la soluzione è sedersi e lasciare che ciò che proviamo arrivi spontaneamente, con i suoi tempi, alla nostra coscienza, dopo di ché sarà facile arrivare ad una verità forse nuova, o forse nascosta. Aumenteremo anche la sensibilità verso noi stessi, la nostra vita e la vita stessa in generale.

In silenzio possiamo anche imparare ad ascoltare e a comprendere le parole degli altri. Il silenzio è ascolto, ed è indispensabile per ogni tipo di comunicazione. Sviluppando la capacità di ascoltare le nostre necessità, abbiamo l’opportunità di maturare e perseguire scelte vere. Sia nel dialogo che nell’arte la pause hanno un significato vivo: hanno il potere di modificare un concetto col solo spostarsi. Un caso di utilizzo curioso del silenzio nell’arte è il componimento intitolato “ 4’33’’ ” di J. Cage, che scrisse per spiegarne l’utopia: il suo spartito dava istruzione all'esecutore di non suonare per tutta la durata del brano, così che i suoni emessi dall'ambiente in cui veniva eseguita divenivano l’opera stessa.



Per finire utilizzo le meravigliose parole di un estratto della poesia “Chiedo Silenzio” di P. Neruda e poi…buon silenzio a tutti!
  
…Ma perché chiedo silenzio
       non crediate che io muoia:
             mi accade tutto il contrario:
                  accade che sto per vivere.
                       Accade che sono e che continuo.


-Lou-

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