Sono tornata da poco da un piccolo viaggio nelle campagne della Basilicata. È stato un breve viaggio rigenerativo sia fisicamente che mentalmente: buonissima cucina piena di sapori veri e originali (come non ne sentivo da tempo), niente auto per un po’ ma il sano utilizzo dei miei piedi nei bellissimi vicoli e scalinate panoramiche, occhi che in ogni punto del paesino potevano perdersi nel verde in tutte le sue tonalità e, soprattutto, il silenzio.
Avevo dimenticato l’intensità
che può avere quella quiete ed anche i pensieri che vi sono collegati: molto
più profondi e sentiti. È un po’ l’effetto del galleggiare: nelle acque calme
si torna in superficie più facilmente! Può sembrare che il silenzio rappresenti
il vuoto, ma invece io ritengo che sia il tutto in armonia.
Nel nostro quotidiano nella
metropoli non ci ricordiamo più i veri suoni della natura, così, come
incessante è ciò che sentiamo, inarrestabile va il nostro elaborare pensieri
disordinati.
Dunque oggi vi parlo del
silenzio come arma per arrivare ad aumentare la capacità di ascolto di noi
stessi.
Il primo vantaggio nel
ricercare la quiete è che dobbiamo allontanarci obbligatoriamente dalla città
(sempre che non abbiamo a disposizione una stanza insonorizzata, ma ci si
perderebbe il lato interessante della ricerca!), e dirigerci verso luoghi
incontaminati. Logico che la natura non è veramente muta, ma i rumori non
artificiali che ci regala aiutano a stabilire ancora meglio il senso di relax
che cerchiamo. Non solo: la pienezza dei colori, dei profumi e i larghi
panorami inviolati permettono di farci sentire in contatto con l’universo oltre
che con noi stessi.
“Da quassù il mondo degli uomini altro non sembra che
follia, grigiore racchiuso dentro se stesso. E pensare che lo si reputa vivo
soltanto perché è caotico e rumoroso.”
Un’immagine chiara di come la
modernità ci porta a non ricordare più il nostro contatto con il mondo e con
noi stessi. Dobbiamo uscire dal caos per poter mettere ordine.
Il secondo vantaggio del silenzio
è l’ascoltarci fisicamente: a volte ci dimentichiamo il rumore delle nostre ossa,
del nostro muoverci, del respirare e persino il ritmo del nostro cuore. Nella
meditazione spesso si parte da questo ascolto fisico per arrivare nello stadio
di coscienza interiore giusto. Possiamo così comandare il nostro respiro e
creare uno stato di rilassatezza maggiore, oltre a renderci conto dei comandi
interni dimenticati e sepolti sotto lo stress quotidiano.
Il punto più difficile ed
essenziale: ascoltare i nostri pensieri. Molte persone non amano il silenzio
perché non riescono a non farsi schiacciare dalle riflessioni che pian piano
salgono in superficie nella mente.
Durante la vita in città c’è un continuo
flusso di stimoli mentali: “devo fare”, “guarda qui” “corri di li” ecc…che ci tengono
occupati fino a fine giornata e a volte anche nel sonno.
Siamo troppo intasati,
così capita che si intasino anche canali principali quali la comprensione di sé
e del prossimo e l’istinto. Dunque la soluzione è sedersi e lasciare che ciò
che proviamo arrivi spontaneamente, con i suoi tempi, alla nostra coscienza, dopo
di ché sarà facile arrivare ad una verità forse nuova, o forse nascosta. Aumenteremo
anche la sensibilità verso noi stessi, la nostra vita e la vita stessa in
generale.
In silenzio possiamo anche imparare ad ascoltare e a
comprendere le parole degli altri. Il silenzio è ascolto, ed è indispensabile
per ogni tipo di comunicazione. Sviluppando la capacità di ascoltare le nostre
necessità, abbiamo l’opportunità di maturare e perseguire scelte vere. Sia nel dialogo che nell’arte la pause hanno un
significato vivo: hanno il potere di modificare un concetto col solo spostarsi.
Un caso di utilizzo curioso del silenzio nell’arte è il componimento intitolato
“ 4’33’’ ” di J. Cage, che scrisse per spiegarne l’utopia: il suo spartito dava istruzione all'esecutore di non
suonare per tutta la durata del brano, così che i suoni emessi dall'ambiente
in cui veniva eseguita divenivano l’opera stessa.
Per finire utilizzo le meravigliose parole di un
estratto della poesia “Chiedo Silenzio” di P. Neruda e poi…buon silenzio a
tutti!
…Ma perché chiedo silenzio
non
crediate che io muoia:
mi accade tutto il contrario:
accade che sto per
vivere.
Accade che sono e che
continuo.
-Lou-



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