mercoledì 30 aprile 2014

IL DETTAGLIO: LA CHIAVE DEL SUCCESSO



Denis Casella. Anno 1992, sorriso semplice e sincero come il suo grande talento. Un incontro molto piacevole, soprattutto pensando che, nonostante la sua giovane età, abbia già capito quanto sia fortunato ad aver fatto della sua passione il suo lavoro. E che lavoro ragazzi! 

Mentre parliamo si sente che il suo motore è ed è stata la curiosità, senza timori, solo con la voglia di fare. È un bell'esempio di strade che si aprono quando non si ha paura di camminare. Ecco cosa mi ha detto...


Raccontaci un po' com'è nata la tua passione del il tattoo:

Tutto è iniziato grazie ad una mia compagna di classe all'ultimo anno delle superiori, che aveva cambiato indirizzo di studi: facevamo ragioneria ma lei arrivava dal liceo artistico. Grazie a lei mi sono appassionato al disegno; mi ha insegnato tutto quel che poteva ed io non ne ho potuto più fare a meno. Qualche tempo dopo, con altri cari amici, sono andato ad una edizione della tattoo convention e loro che erano molto colpiti dai miei disegni (ormai era una passione inoltrata), mi hanno spinto a comprare delle macchinette per tatuaggi. Non ho fatto in tempo ad arrivare a casa che già l'avevo provata su di me. Una nuova avventura che mi incuriosiva molto, e da li mi sono appassionato.


Da questa nuova scoperta su te stesso come sei arrivato a tatuare gli altri?

Per coincidenza in quel periodo ho perso il lavoro e avendo molto tempo a disposizione mi sono buttato a capofitto prima su di me e, pian piano, tramite passa parola e grazie alle foto postate su fb, anche su altri, lavorando a casa.


Come hai imparato a trasferire il disegno su pelle tecnicamente?

Osservando! Ogni volta che facevo fare un tatuaggio su di me da altre mani esperte imparavo qualcosa in più su come fare. Ancora adesso mi piace molto osservare i tatuatori più abili e prender spunto per il mio lavoro, anche se devo ammettere che nell'ambiente si fa fatica a condividere l'esperienza.


Quindi non hai seguito dei corsi?

Solo quello di igiene che è obbligatorio per legge per poter lavorare. In realtà questo corso è più utile per capire come proteggere me stesso ed il cliente da possibili infezioni (lavorando con il sangue), e meno utile per la tecnica di per sé, ma mi ha permesso di trovare il mio primo impiego in uno studio di Milano: un altro ragazzo che seguiva il corso era rimasto colpito dai miei lavori e mi aveva coinvolto nel suo progetto. Adesso però mi sono spostato al Oj Art studio di Paderno Dugnano in cui ho trovato la mia realtà.


Quali sono state le difficoltà maggiori nel tuo cammino, e quali senti ancora?

Beh, sicuramente nel primo periodo, accettare che persone sconosciute venissero a casa mia per tatuarsi. Questo sia perché non sempre si parla di persone “per bene”, sia perché avevo già contrasti con i miei genitori che non consideravano la carriera di tatuatore come desiderabile per il proprio figlio. Per fortuna adesso sono felici della mia scelta.
Una difficoltà ancora presente invece, è la titubanza di alcuni clienti nel vedermi così giovane...vengo ripagato alla fine quando hanno modo di ricredersi!


La competizione dell'ambiente non è una difficoltà?

Non la vivo come tale. Io sono abbastanza competitivo ma sono anche dell'idea che uno stesso soggetto impresso sulla pelle da persone diverse, si diversifichi proprio per la differenza dei tatuatori stessi. Il modo di vedere il tattoo coi miei soli occhi, è un arma contro la competizione stessa. L'importante è mirare sempre alla qualità massima. Così facendo scopro delle mie nuove capacità giorno per giorno.

Com'è sapere che ci sono persone con i tuoi disegni per il mondo?

Mi piace pensare che sono pubblicità del mio lavoro e della mia passione, ma devo ammettere che sono un po' geloso dei miei disegni: preferisco che quelli a cui tengo particolarmente siano sulle persone a me più care, sentendoli parte di me stesso.


Quali sono le persone che più ti hanno ispirato nella tua professione?

Nel disegno seguo molto i lavori di Diego Koi, disegnatore italiano iperrealistico..fa dei lavori a matita fantastici. Nel tatuaggio in specifico sicuramente Silvano Fiato, che è secondo me il miglior ritrattista italiano, con uno stile personale riconoscibilissimo. I suoi contrasti hanno delle sfumature molto particolari, e il suo nero è il più nero che abbia mai visto. Fantastico.


Prospettive future?

Sicuramente vorrei diventare un tatuatore rinomato. Mi piacerebbe più avanti avere un mio studio, ma per ora ho voglia di perfezionarmi, specialmente nell'Hyperrealism che è la tecnica che più mi interessa e che sento più mia. Mi interesserebbe seguire dei corsi di specializzazione, anche all'estero. Non mi dispiace anche insegnare quello che già so, ma solo a chi mi dimostra la mia stessa passione: spesso si incontrano persone che vogliono intraprendere la mia stessa strada solo per un tornaconto economico. 


Cosa consigli a chi vuole fare il tatuatore?

Nel campo realistico il miglior consiglio lo do citando una frase che avevo letto e che è diventata anche il mio motto: “Il dettaglio è la chiave del successo”. Quando disegno mi rimbomba nelle orecchie. In generale invece dico che la strada del tattoo non è un lavoro da imparare per soldi, ma una vera arte da coltivare; porta guadagno solo come conseguenza della passione stessa.


E a chi cerca la sua strada in generale?

Beh, io sono stato fortunato perché non l'ho effettivamente cercata, ma diciamo che mi è capitata. Sono convinto che è per tutti così: abbiamo l'opportunità davanti! Dobbiamo tirar via le fette di salame dagli occhi, buttarci e volerlo. La curiosità è tutto.
Svegliarsi con un nuovo tattoo fatto il giorno prima e già volerne fare subito un altro è passione. Anche se pensi di non saperlo, in fondo lo sai.



 Potete contattarlo qui: denis_casella@hotmail.it 

Penso che Denis non è stato “fortunato”. Semplicemente non si è fermato davanti al solito pensare negativo che ci blocca in partenza. È stato semplice con se stesso: mi piace, lo faccio.  

Senza troppi ma e se...si è buttato, non senza la paura che possa cambiare tutto, ma con la certezza della sua passione. 

-Lou-

giovedì 24 aprile 2014

DIVENTARE VIDEOMAKER…


Per la mia prima intervista ho incontrato Yonas, un ragazzo che desidera diventare un documentarista professionista. Ho scelto lui per la sua grande tenacia e pazienza nel far propria una professione tutto da solo. Sono rimasta colpita dai suoi lavori soprattutto perché riesce a regalare un punto di vista diverso e assolutamente inaspettato… molto interessante!

Cosa fai nella vita? Qual è il tuo sogno? 
Nella vita ho fatto diversi lavori ma da sette anni a questa parte faccio sopratutto il videomaker, cioè realizzo e monto video. La seconda è una domanda più difficile ma semplificando posso dire che: considerato che il lavoro è un perno nella vita di tutti, sogno di lavorare senza sentire la sensazione che mi stiano derubando del mio tempo e, più nello specifico, vorrei fare il documentarista a tempo pieno e in modo stabile soprattutto perché raccontare attraverso il documentario è un’esigenza, è il mio modo di esprimermi: raccontando gli altri, racconto me stesso.

Come hai capito che era quello che volevi fare?
Appartengo a una categoria di persone che negli ultimi anni chiamano "seconde generazioni", sono arrivato in Italia all’età di 8 anni ma non ho la cittadinanza italiana. Quando ho compiuto 18 anni ho scoperto che ero considerato dallo Stato un extracomunitario e che i miei diritti erano diversi da quelli dei miei coetanei. Molte cose le potevo vivere solo da spettatore. In qualche modo è stato un bene perché mi ha permesso di osservare le cose prima in maniera neutra e poi a sentire la necessità di dire la mia e così ho iniziato a fare documentari sulle situazioni che mi circondavano.

Qual è stato il tuo primo progetto?
Ho cominciato a raccontare la realtà della mia periferia (sono cresciuto in un quartiere  popolare di Milano), l'intento era quello di stimolare le istituzioni a creare uno spazio dove i giovani del mio quartiere potessero tenersi occupati respirando cultura hip hop, la stessa cultura che da ragazzino ha tenuto occupato me e che mi ha permesso di incanalare tutte le emozioni/frustrazioni tipiche della giovanissima età in qualcosa di artistico, infatti ho ballato per anni.
 

Come scegli gli argomenti dei tuoi documentari?
Ogni volta cerco di raccontare i tanti aspetti o culture che in qualche modo mi hanno formato come persona. Per esempio in questo periodo sto realizzando un documentario a puntate che parla dell'impatto che i cartoni animati giapponesi hanno avuto in Italia. È un tema che ho scelto perché i cartoni animati giapponesi sono, in un qualche modo, la matrice dei miei pensieri: ci sono cresciuto immerso e, in un periodo dove non avevo riferimenti, quei racconti mi hanno aiutato a riflettere.

Come li realizzi?
Di solito per realizzare documentari o video a livello professionale servono più persone con più competenze. Negli anni ho cercato di prepararmi a tutte queste sfaccettature: ho letto libri, ho sperimentato molto e sono riuscito, da autodidatta, ad acquisire tutte le competenze necessarie, in questo modo mi sono creato la possibilità di realizzare i miei lavori completamente da solo.

Come mai non hai scelto dei corsi di formazione già impostati?
Perché per frequentare scuole di cinema è necessario avere concluso le superiori, cosa che io non ho fatto. Inoltre mi annoio facilmente quindi, per me, il miglior modo di imparare è spinto dalla mia curiosità: solo così riesco a mantenere la concentrazione che serve.

Che soddisfazioni hai avuto dal tuo lavoro?
Il mio primo documentario, oltre a riuscire a realizzare il progetto per il quale era stato ideato, è stato comprato e trasmesso su un canale di Sky dove ho iniziato a lavorare come freelance, ciò mi ha permesso di stare a contatto con professionisti del settore. Con un altro documentario dal titolo “La mia Italia: Madre o Matrigna?” ho analizzato, attraverso la mia storia, il rapporto tra lo Stato, i mass media e i non italiani e, oltre a vincere un concorso, sono andato a parlare di questa realtà a Napoli in un programma Rai. Per me queste sono state tutte soddisfazioni sia dal punto di vista lavorativo che dal punto di vista umano perché quando parli di un argomento poco trattato permetti a persone che magari pensavano di essere sole in quella situazione di capire che sole non sono: crei una nuova rete e questo per loro può diventare un punto di forza.
 

Yonas GuruJ Tesfamichael

Difficoltà riscontrate?
Le difficoltà sono ovunque! La società, almeno per come la conosco io, è strutturata in maniera da dare  poco spazio agli emergenti di qualsiasi campo, quindi mi rimbocco le maniche e provo a scavalcare questa situazione trovando o creando nuove strade per realizzare i miei progetti. Nella vita ho imparato a essere molto paziente e a non farmi abbattere: i “no” della vita servono solo a capire dove migliorare.

A volte hai dubbi sulla strada intrapresa?
I dubbi è impossibile non averli, sopratutto perché rincorrere un sogno ti può alienare da tutto quello che hai intorno, diciamo che risulta più normale cercare un qualsiasi posto fisso che ti permetta di portare soldi sicuri a casa ma, secondo me, non può essere questa la vita. 

Vorresti dare un consiglio a chi sta cercando di capire cosa fare nella vita? 
Penso che potenzialmente tutti possiamo fare tutto, se riusciamo a osservare la nostra vita dal punto di vista migliore! Quindi, il consiglio è di non pensare a “cosa vorresti fare” ma piuttosto a chi sei come persona e sopratutto in che maniera vuoi evolvere te stesso così da creare “l’ottica giusta”! Il resto verrà di conseguenza, infatti, secondo me, il segreto è riuscire a prendere consapevolezza di quali siano le proprie reali priorità.
A me aiuta immaginarmi nei miei ultimi giorni e chiedermi: che tipo di vita devo aver vissuto per rendere quei giorni sereni e senza rimpianti? In pratica vivo rendendo conto a un vecchietto che non esiste ancora! 


Grazie ancora a Yonas per i preziosi consigli e per averci proposto il suo punto di vista. 
Per chi fosse incuriosito, può vedere alcuni suoi lavori su questo sito: 


Mice

giovedì 17 aprile 2014

VIAGGIO VERSO LA FELICITA' - Parte prima


Come sarebbe/sarebbe stato a 20 anni essere alla ricerca della tua strada, ma dispersa nella terra rossa dell'Australia???
Ce lo spiega la nostra "inviata speciale", raccontando il suo inizio di avventura leggendo Coelho....

Fin da quando ero piccola ho sempre amato leggere, amo diventare la protagonista della storia di qualcun altro, anche se per breve tempo e tra le pagine di un libro. Fu per questo che mia sorella prima di partire per l’Australia mi regalò un libro, e conoscendomi, sapendo quante difficoltà avrei incontrato (principalmente nella mia mente paranoica), decise di regalarmi “L’alchimista” di Paulo Coelho. 


Come al solito mi sono immedesimata completamente nella storia, tanto che quando recentemente l’ho finito ho cercato di paragonarlo il più possibile alla mia storia, ovviamente creando molte più paranoie di quanto già avevo! Ci sono molte parti del libro che mi hanno fatto riflettere, ma ciò che più mi ha colpito è stata la conversazione che Santiago ha con il suo cuore.


“Anche se ogni tanto mi lamento,” diceva il suo cuore, “lo faccio perché […] i cuori degli uomini sono così: hanno paura di realizzare i sogni più grandi, perché pensano di non meritarlo, o di non riuscire a raggiungerli. Noi, i cuori, siamo terrorizzati al solo pensiero di amori che sono finiti per sempre, di momenti che avrebbero potuto essere belli e non lo sono stati.[…] Perché quando ciò accade, noi ne soffriamo intensamente.”




Questa fu la motivazione principale per cui aspettai un anno prima di partire per l’Australia. Ero terrorizzata, avevo paura di non farcela, perché una ragazza di vent’anni da sola a 16.555 km di distanza dalla propria casa non può che resistere un mese!

Decisi che non doveva essere la paura a fermarmi: anche se fossi rimasta solo un mese non avrei mai avuto rimpianti, perché l’importante è sempre e comunque provarci. Così, mi rimboccai le maniche e, dopo neanche 2 mesi che avevo comprato il biglietto, partii.


Ritornando al libro, non è stato, però, il passato il primo collegamento che ho fatto, perché ho imparato che bisogna sempre guardare solo al presente. Nel mio presente ho ancora paura di non farcela, di sbagliare. Le esperienze precedenti dovrebbero insegnarci a non ripetere gli stessi sbagli, ma purtroppo non è così per la paura, che non smette mai di tormentarci.


“Ogni momento di ricerca è un momento di incontro” ripeté il ragazzo al proprio cuore. “Mentre cercavo il mio tesoro, tutti i giorni erano giorni luminosi, perché sapevo che ogni ora faceva parte del sogno da ritrovare. Mentre cercavo questo mio tesoro, lungo il cammino ho scoperto cose che non avrei mai sognato di trovare se non avessi avuto il coraggio di tentare ciò che era impossibile per un pastore.”


Durante i miei 5 mesi a Sydney ho provato mille nuove esperienze, ho conosciuto nuovi amici, ognuno del quale mi ha lasciato qualcosa, ho avuto dei rallentamenti (ci ho messo 1 mese e mezzo a trovare lavoro come cameriera, nonostante in Australia ci sia il -10% di disoccupazione!) e ovviamente non mi è mancato di rimanere delusa, ma non mi sono mai arresa. Amo viaggiare, conoscere nuovi posti, culture diverse, persone e amici nuovi e differenti, ma di certo non voglio fare la cameriera per tutta la vita, non è così che voglio godermi il mondo. 



Ogni cosa che ho fatto sono stati momenti della ricerca che mi hanno avvicinato alla mia Leggenda Personale (come dice Coelho), anche adesso che sono una contadinella in mezzo ai campi del Queensland, cosa che non mi sarei mai immaginata di fare nella vita, non ritengo che niente sia perduto, ed è questa ormai la mia missione, trovare ciò per cui sono nata.


“Per ogni uomo sulla faccia della terra c’è un tesoro che lo aspetta,” disse il cuore. “Noi, i cuori, solitamente parliamo poco di questi tesori, perché gli uomini ormai non vogliono più trovarli. […] Soltanto pochi seguono il cammino tracciato per loro, il cammino della loro Leggenda Personale e della felicità. Ritengono che il mondo sia qualcosa di minaccioso ed è per questo che il mondo diviene qualcosa di minaccioso. Allora noi, i cuori, parliamo a ciascuno sempre di più sottovoce, ma non taciamo mai. E ci auguriamo che le nostre parole non siano udite: Non vogliamo che gli uomini soffrano perché non hanno seguito il proprio cuore.”


Questo è proprio ciò che voglio evitare che succeda, io voglio essere felice, non voglio trovare il rimpiazzo della mia Leggenda Personale, voglio che il cuore mi urli in faccia ciò che amo e voglio fare. Ovviamente tutto ciò mi terrorizza sempre di più; ho paura di sbagliare a leggere i “segnali” e indirizzarmi su una via che poi infondo non è la mia. In questo momento sento che la scrittura, il viaggio e aiutare i bisognosi sono le principali fonti di felicità della mia vita, e mi sto indirizzando su questo. Ma chi mi assicura che sia la strada giusta? 


Eppure finché non provo, finché non ci tento non lo saprò mai. Desidero con tutta me stessa riuscire a realizzarmi ed essere felice, e come dice il libro:

“Quando desideri qualcosa, tutto l’Universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio.”

Ci saranno mille altre difficoltà, ma io non mi arrenderò mai e staremo a vedere.

Yle

lunedì 14 aprile 2014

IL TEMPO DEL VIVERE

Quando ho iniziato a domandarmi quale fosse realmente lo scopo della mia vita, una delle prime reazioni è stata quella di cercare suggerimenti su internet. E’ stato interessante scoprire test d’aiuto con un modus operandi comune: partire dalla fine delle nostre vite, ad esempio dal nostro funerale. Effettivamente non ci domandiamo quasi mai come vorremmo ricordare il nostro vissuto alla fine di tutto, cosa vorremmo aver lasciato agli altri, ricordi, doni, avventure…oppure dove vorremmo essere, con quali emozioni alle spalle, con quali persone affianco.

Siamo talmente pieni di stimoli attorno che ci ritroviamo a perdere il senso stesso del tempo che scorre.. specialmente se ci ritroviamo trascinati da una corrente casuale. Così, quando si inizia ad aprire gli occhi sul presente, ci si chiede se non si abbia già perso un sacco di tempo cercando di rimanere a galla, tempo che si sarebbe dovuto usare per spingersi verso un “giusto flusso” di cui solo ora ne si capisce il senso.  Quando viaggi con la mente a ritroso, dalla fine all’inizio ti sembra di avere ancora un sacco da fare e da dire, di una qualità migliore, più a fuoco!

Forse è semplicemente il capire in quale direzione iniziare a camminare che fa in modo che ci si tranquillizzi, e questo è abbastanza da rendere ogni passo successivo più oculato. Guardando ai periodi di maggiore annebbiamento, ricordo che una delle “abitudini-sgambetto” peggiori era il procrastinare: dote di chi non sa dove andare e peggior nemico del chiarirsi le idee.

Ho ricordato piacevolmente una lezione prova di Biodanza alla quale avevo partecipato: tema della serata era La Ruota Medicina dei nativi americani. Tra i mille significati collegati è interessante la loro visione del tempo ciclica, e non lineare come è solito considerare. Il tempo è suddiviso in più cicli che si susseguono, nascono e muoiono progressivamente. In ognuno di questi si incontrano 4 fasi ben distinte: NASCITA, INTROSPEZIONE E CAMBIAMENTO, CONOSCENZA e infine ILLUMINAZIONE.


Quando troviamo nuovi entusiasmi ed avventure dai quali ripartire ed accrescere noi stessi, solo dopo aver compreso e fatto nostro il cammino, possiamo avere una visione “illuminata” che ci porterà a morire per ricominciare verso il nuovo, un nuovo ancora più vicino alle nostre necessità, ai nostri scopi primordiali. Ed è così che, se blocchiamo questo percorso, se nulla si muove, non possiamo pensare di arrivare a visualizzare il nuovo, più potente e vero.

Collego questo pensiero al rimandare, o al non far nulla per muoverci. Certi spunti negativi o positivi che siano ci inseguono! La prima modifica che ho applicato alla mia ricerca è stata, appunto, quella di riorganizzare il mio tempo mentale, e di stimolarmi sempre al fare. In fin dei conti questo nostro tempo scorre senza permetterci nessun time-out: conviene decidere in cosa possiamo perderci! Dunque pensiamo alla fine (ogni volta che ci capita!) e usiamola come inizio per rimanere sempre in moto verso noi stessi…..scegliamo il tempo del nostro vivere per noi!

-Lou-

mercoledì 9 aprile 2014

QUID: QUELLO CHE C'È IN TE


Ci sono domande a cui, specialmente in alcune fasi della vita, non riusciamo a dare una risposta chiara. Chi sono? Cosa voglio fare da “grande”? Qual è la vera “scelta” della mia vita?


Tutti, in momenti diversi, arriviamo ad avere la necessità di rispondere il più onestamente possibile. Le influenze sono tante: ciò che già abbiamo costruito, ciò che è più stabile, ciò che fa più paura, l’autostima, le possibilità obiettive, le influenze esterne, questo mondo… riflettere potrebbe  implicare dei grossi cambiamenti alle nostre vite e spesso siamo troppo impegnati “a portare la pagnotta a casa”. Camminando erroneamente verso un futuro che non sentiamo nostro, spesso  rinunciamo a domandare non trovando risposte.



È questo il punto in cui noi, Lou e Mice, ci siamo incontrate e abbiamo iniziato ad osservare.

Siamo solo all’inizio del nostro essere consapevoli, (ed infatti non siamo ancora riuscite a focalizzare nitidamente una nostra strada, il nostro obiettivo preciso), ma abbiamo pensato che sarebbe stimolante scrivere un blog in cui affrontare e condividere questo nostro viaggio.


Vorremmo regalarvi nuovi occhi e nuove storie: la nostra e quella di chi sta già avvicinandosi alla meta, di chi c’è già dentro. Capire come hanno scoperto ciò che veramente volevano fare nella vita, le difficoltà che hanno incontrato e il loro modo di affrontarle allora come adesso.


Ed anche tanti spunti di riflessione per non perdere il piacere di lavorare con e per noi stessi. Spunti di vite, di scelte e piccoli N.B. da raccogliere in un solo link, dove noi saremo le prime a metterci in gioco.



Crediamo che ciò di cui abbiamo bisogno sia già dentro di noi: 

SO SHAKE IT OUT!